02-09-2015
Oltre all’elevato pregio architettonico del centro, testimoniato dai numerosi palazzi e dalle bellissime facciate che conferiscono prestigio al nucleo urbano, la vera chiave di successo del paese, come di tutta l’isola, è, senza ombra di dubbio, l’incantevole mare dai mille colori da sempre meta di numerosi turisti.
Nel mare di Carloforte viene pescato il tonno, e la prestigiosa tonnara locale cattura i tonni da maggio a giugno, periodo in cui costeggiano la Sardegna per andare a deporre le uova. Da questi tonni rossi blufin, i più pregiati al mondo, ha origine la nostra storia fredda!
Iniziamo con qualche pillola di storia. La pesca del tonno è un’attività praticata già nella preistoria, come dimostrano i graffiti scoperti nella grotta del Genovese a Levanzo, una delle isole Egadi. E nell’antichità classica sono numerosissime le attestazioni delle qualità nutrizionali e perfino terapeutiche del tonno: da Omero in giù ne scrivono, generalmente in toni positivi se non entusiastici, autori come Polibio, Strabone, Plinio, Plutarco, Galeno, Aristotele nonché scrittori/gastronomi quali Marziale, Apicio e Archestrato di Gela che, nel IV secolo a. C., trattava dell’uso del tonno nella cucina dell’epoca.

La pesca del tonno fu descritta per la prima volta da Aristofane, da Oppiano e dal siracusano Teocrito. Aristofane (V secolo a.C.) racconta che una vedetta si appostava sul rilievo costiero più alto per segnalare l’arrivo dei tonni, i quali venivano spinti dalle correnti marine all’interno di un intrigo di reti. Dagli scritti di Strabone (I secolo a.C.) veniamo a conoscenza del fatto che i Fenici, abili pescatori, si spinsero oltre le colonne d’Ercole alla ricerca dei branchi di tonni, che erano poi lavorati a Cadice, luogo in cui sono state trovate monete raffiguranti questo pesce.
Insomma, si tratta di una delle principali ricchezze del Mediterraneo. E quando parliamo di tonno ci riferiamo al “tonno rosso”, per molti secoli fonte di cibo e di lavoro, e quindi di reddito, per i pescatori, i costruttori di barche e di reti e per tutti quelli che lavoravano la carne del tonno lungo tutto il bacino di quello che i romani chiamavano “mare nostrum”, da Gibilterra all’Ellade.
La pesca del tonno a Carloforte si realizza con le reti della tonnara, oggi l’unica ancora attiva nel Mediterraneo, e, sin dall’Ottocento, pesca e lavora secondo metodi artigianali i cosiddetti “tonni di corsa”, dalle carne rossa e grassa secondo una pratica utilizzata in Sardegna già da Fenici, Romani e perfezionata nel Quattrocento dagli Spagnoli. I pesci arrivano in grandi banchi dall’Atlantico per depositare le uova in un ambiente più caldo (temperatura superficiale tra i 22-23 gradi). Il muoversi in gruppo rende dunque le loro rotte facilmente prevedibili. I tonni, che si trovano in alto mare, vengono perciò costretti a entrare nella prima “grande camera”.
Questi poderosi predatori pelagici si caratterizzano per il colore blu-nerastro sulle parti superiori (ecco sono noti anche con il nome Bluefin Tuna), grigiastro con macchie argentee sulle laterali, biancastro sulla regione inferiore. Le loro carni, dalle elevate caratteristiche nutritive, sono invece rosse per via del sistema dei vasi sanguigni particolarmente sviluppati nella pelle e nei muscoli laterali del tronco.
Il tonno rosso è particolarmente apprezzato dagli chef di tutto il mondo e in particolare in Giappone, ogni anno, si consumano all’incirca tre quarti di tutto il pescato mondiale di questa specie, purtroppo in via di estinzione. Non a caso il Parlamento Europeo ha approvato un regolamento a protezione di questa particolare specie di tonno assegnando ad ogni paese membro una quota di cattura per evitare un eccessivo prelievo di esemplari e per scongiurare così il pericolo di estinzione della specie.


Dal momento della cattura fino al suo utilizzo alimentare, il pesce fresco deve essere necessariamente refrigerato. La conservazione del pescato nel ghiaccio a 0°C (temperatura costante) non altera la sua composizione per circa 4 – 7 giorni.
Dopo 7 – 10 giorni, o prima se la temperatura è superiore a 0°C, subisce importanti oscillazioni come avviene quando è esposto nelle bancarelle dei mercatini, cominciano le prime importanti alterazioni. Con il passare del tempo ci si porta alla formazione di monoetilamina e formaldeide (responsabili del tipico odore di pesce avariato). Si ha inoltre formazione di acido sulfidrico (che concorre a conferire al pesce un aroma nauseabondo) e di amine biogene. Oltre alle trasformazioni chimiche, il pesce può essere interessato anche da contaminazioni di origine biologica.
Mangiare pesce crudo (ma anche altri alimenti come carni, latte crudo e derivati) comporta sicuramente una maggiore probabilita’ di imbattersi in intossicazioni od infezioni causate da batteri patogeni o parassiti, come la Salmonella, la Listeria e l’Escherichia coli; ma se ci si incappa con l’anisakis, le conseguenze diventano piu’ serie, tanto da provocare in alcuni casi, se non si interviene tempestivamente, anche la morte.
E’ necessario che, in particolare, tra i sostenitori del sushi e del sashimi ci sia una corretta informazione sugli eventuali rischi a cui possono incorrere nel consumare tali specialita’: sia chiaro, nessun pregiudizio riguardo a questi ristoranti etnici, ma e’ di fondamentale importanza sincerarsi che siano gestiti da personale serio e con provata esperienza nella specifica trattazione e somministrazione di questo tipo di alimenti.
L’anisakis e’ un piccolo verme che puo’ misurare da uno a tre centimetri, dal colore bianco o rosato, sottile e che tende a presentarsi spesso arrotolato su se stesso; e’ un parassita normalmente presente nello stato adulto all’interno dell’intestino di numerosi mammiferi marini come i delfini e le foche; attraverso le feci vengono eliminate le uova, che si schiudono nel mare dando origine alle larve; quest’ultime vengono ingerite da piccoli crostacei, e i pesci che se ne cibano ne vengono infestati; con il consumo di pesce crudo o poco cotto o in salamoia, il parassita viene trasmesso all’uomo. Le larve si possono cosi’ impiantare sulla parete dell’apparato gastrointestinale, dallo stomaco fino al colon, e per difendersi dai succhi gastrici attaccano le mucose con un’incredibile capacita’ perforante.
Il tonno è tra i prodotti ittici piu’ a rischio, e, per risolvere il problema, la lavorazione inizia con l’immediata eviscerazione del pesce poco dopo la cattura, al fine di evitare la migrazione dei vermetti dalle loro viscere alle loro carni; si e’ pero’ scoperto che il parassita, pur essendo molto resistente agli acidi (come l’aceto, il limone e l’acido cloridico dello stomaco), muore se sottoposto ad alte temperature (dopo 15 minuti a 60°C), oppure con un rapido congelamento (anche soltanto a -20°C entro le 24 ore).
Come forma di prevenzione, il Ministero della Sanita’ gia’ dal 1992 obbliga per legge a chi somministra pesce crudo o in salamoia ad utilizzare esclusivamente pesce congelato o a sottoporre a congelamento preventivo il pesce fresco da somministrare crudo.
Da un’indagine dei Nas (Nucleo Anti Sofisticazione) emergono dei dati terrificanti: molti ristoranti che preparano cucina giapponese (vero fenomeno di tendenza, dove il sushi ed il sashimi, piatti d’effetto preparati con pesce crudo, rappresentano le loro prelibatezze piu’ tipiche) sono in realta’ gestiti da cinesi, che si improvvisano cuochi senza alcuna esperienza nella preparazione di pietanze a base di ingredienti crudi e spesso senza osservare pienamente le norme igienico-sanitarie.
In Giappone, gli esperti di sushi possono offrire queste raffinatezze gastronomiche solo se dotati di uno specifico patentino, e approvvigionano soltanto tonno “super freezed”, conservato ad almeno -40°C!
Durante la nostra recente visita in Sardegna, nell’ottica dell’apertura della delegazione locale, ci siamo imbattuti in un interessante aneddoto che, in realtà, sta portando ad un importante ed interessante investimento nella tecnologia del freddo che deriva da una scelta, dimostrata, della conservazione del tonno a temperature ultra basse per mantenere l’elevata qualità del pesce per la specialità giapponese del sushi.
A seguito di una interessantissima indagine di IntraFish, l’autorevole ed importante rivista mondiale sulla pesca, apprendiamo che la conservazione ed il trasporto a temperature ultra basse è un marchio di qualità per il lucrativo mercato giapponese del pesce fresco. Il tonno ULT sta diventando una richiesta anche nei mercati USA ed europeo, per la sempre più popolare “cucina giapponese”.
In uno studio dell’istituto norvegese di ricerca Sintef, diverse specie di pesce sono stati trattati con temperature che vanno dai -25°C a -60°C, facendoli passare attraverso un tunnel di abbattimento e poi conservati e spediti in Giappone. A seguito di questo processo sono state fatte le analisi sensoriali, sia nel porto di partenza, in Norvegia che in Giappone. Dopo oltre cinque mesi di stoccaggio, i pesci conservati a ULT erano di qualità significativamente migliore di quelli conservati a -25°C. A quelle temperature estremamente basse, si otteneva un colore decisamente più vivido, cellule grasse meno ossidate e un aspetto superficiale di elevata qualità.
Il pesce ULT è quello preferito dai principali importatori giapponesi, che riconoscono la qualità con un sovrapprezzo decisamente incentivante per un pesce di qualità come il tonno sardo.
La pratica della conservazione ULT o “super freeze” è nata per il tonno proprio in Giappone. Già negli anni ’60 e ’70 la ULT aveva preso piede e si è affermato uno standard che va dai -50°C ai -70°C. Durante gli anni ’80 sono comparsi i primi studi che davan ragione della ULT con il riconoscimento dell’alta qualità del pescato poi scongelato, e nei primi anni ’90, la Maersk, la più grande azienda mondiale per il trasporto container, iniziò a sviluppare contenitori con abbattittori e conservazione a -60°C per servire il mercato ULT.
Anche in Europa, nel 1995, due ricercatori scandinavi, Magnussen e Johansen, investigarono gli effetti sulla conservazione per temperature tra i -25°C e i -60°C, dimostrando differenze poco apprezzabili per temperature al di sotto dei -45°C.
Un associato dell’isola, si è imbattuto nella richiesta di un’azienda che si occupa proprio di questo. Contattato da importatori giapponesi interessati al tonno sardo, sta ora predisponendo un impianto di trattamento e conservazione che soddisfi gli stringenti canoni per il sushi.
Il tonno rosso viene pescato in un mare che, tipicamente, ha una temperatura intorno ai 14°C/18°C, portato in rada, viene avviato all’impianto di lavorazione, dove, per evitare problemi ai lavoratori, si è scelto, progettualmente, di realizzare una temperatura ambiente superiore ai 14°C. Si evita così l’utilizzo degli ingombranti e poco pratici giubboni termici.
Il primo passaggio è costituito dalle operazioni di pesa, tra 16 e 20°C, dove il pesce viene verrà pesato, etichettato con n° del lotto, data e luogo di pesca oltre alla corretta denominazione della specie.
Viene poi portato in sala sfilettamento a 15°C costanti, qui verranno eliminate pinne e testa, porzionato in misura di circa 20 cm x 30 max ogni porzione riporterà quanto già inserito nella etichettatura iniziale, inseriti su carrello e posti in armadio abbattitore
Il pesce sfilettato e fatto a pezzi, viene avviato in un tunnel di abbattimento che, in 4 ore porta la temperatura (al cuore del prodotto) a -50°C. Nella fase successiva, prima dello stoccaggio, viene formata una glassa con acqua pre-raffreddata con una serpentina in cella, ad immersione, e successivamente introdotto in stoccaggio alla stessa temperatura: -50°C!
La glassatura dei prodotti ittici è uno strato di ghiaccio protettivo applicato alla superficie, in modo da ottenere una protezione naturale con acqua aspersa o nebulizzata o immersione.
Grazie al “ghiaccio”, il tonno risulta isolato e al riparo dell’azione ossidante dell’ossigeno atmosferico che, invece di agire sul prodotto, lavora sul ghiaccio di copertura.
La conservazione a temperatura negativa (obbligatorie per legge) o anche Ultra Negativa senza adeguata glassatura, durante i prolungati periodi di conservazione, produrrebbe inesorabilmente fenomeni di disidratazione, di ossidazione e di irrancidimento. La glassatura si comporta, invece, come un involucro perfettamente aderente che protegge ottimamente dalla disidratazione e dall’ossidazione.
In una cella separata a – 2°C verranno conservati i pezzi di minor qualità per il consumo immediato e, in un’altra dalle medesime caratteristiche, gli scarti da inviare a macero.
Ecco, queste son le condizioni alle quali i giapponesi ritengono il prodotto “sushi hi grade quality”, e capace delle interessanti prestazioni economiche del Sol Levante.
L’impianto di cui abbiamo preso visione, viste le caratteristiche e la necessità di limitare l’investimento (in tempo di crisi), lo si è voluto realizzare con un compressore mono stadio, e, dopo una valutazione dei refrigeranti e dei compressori disponibili, la scelta è ricaduta sull’R32, difluorometano (CH2F2).
L’R32 è un refrigerante mono componente, un gas con un potenziale di riduzione dell’ozono pari a zero e un potenziale di riscaldamento (GWP) globale di 550, notevolmente inferiore a quello dell’R410A che è pari a 1980. Viene classificato A2L o leggermente infiammabile (classificazioni ASHRAE).
Questo refrigerante viene tipicamente utilizzato per basse e bassissime temperature di raffreddamento nella Refrigerazione Industriale e Commerciale.
Dovendo realizzare un circuito mono stadio, il punto di ebollizione del refrigerante in questione (-51,7°C) ha sicuramente contribuito alla scelta. Invece di un ben più costoso impianto booster, con l’R32 si consente il raggiungimento delle prestazioni in temperatura senza un investimento particolarmente oneroso.
Quindi, concludendo, se non siete in Giappone, dove, come abbiamo visto, il “sushi hiQ” è garantito, come evitare il rischio di contaminazioni o scarsa qualità nel mangiare il tonno in versione sushi e sashimi di qualità?
Seguiamo questi consigli.
Sinceriamoci sempre prima che il ristorante sia serio e rigorosamente qualificato, e poi chiediamo al gestore del ristorante se il pesce e’ stato abbattuto (almeno a -18° per 24 ore oppure nell’azoto liquido); … spesso, per ovvi motivi, la risposta che ci viene data e’ che si tratta assolutamente di pesce fresco… perche’, in effetti, e’ la risposta che un cliente vorrebbe sempre sentirsi dare. Ma se il gestore e’ serio ed ha competenza in materia, ci deve dire la verita’, altrimenti, e’ meglio non correre il rischio!
Last but not least, se l’impianto è stato realizzato da un socio o da un collega di Assofrigoristi, qualche ulteriore garanzia è data.
I giapponesi mangiano sardo
Dal Sol Levante per il Tonno Rosso, preferito se conservato alle temperature ultra basse (Ultra Low Temperature, ULT)
Nella splendida regione del Sulcis-Iglesiente, nella Sardegna sud-occidentale, nota per la ricchezza del sottosuolo che ne ha fatto per secoli l’area più importante del Mediterraneo, si trova, in un contesto naturalistico mozzafiato, Carloforte, un comune onorario della provincia di Genova, titolo acquisito nel 2004 in virtù dei legami storici, economici e culturali con il capoluogo ligure.
Oltre all’elevato pregio architettonico del centro, testimoniato dai numerosi palazzi e dalle bellissime facciate che conferiscono prestigio al nucleo urbano, la vera chiave di successo del paese, come di tutta l’isola, è, senza ombra di dubbio, l’incantevole mare dai mille colori da sempre meta di numerosi turisti.
Nel mare di Carloforte viene pescato il tonno, e la prestigiosa tonnara locale cattura i tonni da maggio a giugno, periodo in cui costeggiano la Sardegna per andare a deporre le uova. Da questi tonni rossi blufin, i più pregiati al mondo, ha origine la nostra storia fredda!
Iniziamo con qualche pillola di storia. La pesca del tonno è un’attività praticata già nella preistoria, come dimostrano i graffiti scoperti nella grotta del Genovese a Levanzo, una delle isole Egadi. E nell’antichità classica sono numerosissime le attestazioni delle qualità nutrizionali e perfino terapeutiche del tonno: da Omero in giù ne scrivono, generalmente in toni positivi se non entusiastici, autori come Polibio, Strabone, Plinio, Plutarco, Galeno, Aristotele nonché scrittori/gastronomi quali Marziale, Apicio e Archestrato di Gela che, nel IV secolo a. C., trattava dell’uso del tonno nella cucina dell’epoca.

La pesca del tonno fu descritta per la prima volta da Aristofane, da Oppiano e dal siracusano Teocrito. Aristofane (V secolo a.C.) racconta che una vedetta si appostava sul rilievo costiero più alto per segnalare l’arrivo dei tonni, i quali venivano spinti dalle correnti marine all’interno di un intrigo di reti. Dagli scritti di Strabone (I secolo a.C.) veniamo a conoscenza del fatto che i Fenici, abili pescatori, si spinsero oltre le colonne d’Ercole alla ricerca dei branchi di tonni, che erano poi lavorati a Cadice, luogo in cui sono state trovate monete raffiguranti questo pesce.
Insomma, si tratta di una delle principali ricchezze del Mediterraneo. E quando parliamo di tonno ci riferiamo al “tonno rosso”, per molti secoli fonte di cibo e di lavoro, e quindi di reddito, per i pescatori, i costruttori di barche e di reti e per tutti quelli che lavoravano la carne del tonno lungo tutto il bacino di quello che i romani chiamavano “mare nostrum”, da Gibilterra all’Ellade.
La pesca del tonno a Carloforte si realizza con le reti della tonnara, oggi l’unica ancora attiva nel Mediterraneo, e, sin dall’Ottocento, pesca e lavora secondo metodi artigianali i cosiddetti “tonni di corsa”, dalle carne rossa e grassa secondo una pratica utilizzata in Sardegna già da Fenici, Romani e perfezionata nel Quattrocento dagli Spagnoli. I pesci arrivano in grandi banchi dall’Atlantico per depositare le uova in un ambiente più caldo (temperatura superficiale tra i 22-23 gradi). Il muoversi in gruppo rende dunque le loro rotte facilmente prevedibili. I tonni, che si trovano in alto mare, vengono perciò costretti a entrare nella prima “grande camera”.
Questi poderosi predatori pelagici si caratterizzano per il colore blu-nerastro sulle parti superiori (ecco sono noti anche con il nome Bluefin Tuna), grigiastro con macchie argentee sulle laterali, biancastro sulla regione inferiore. Le loro carni, dalle elevate caratteristiche nutritive, sono invece rosse per via del sistema dei vasi sanguigni particolarmente sviluppati nella pelle e nei muscoli laterali del tronco.
Il tonno rosso è particolarmente apprezzato dagli chef di tutto il mondo e in particolare in Giappone, ogni anno, si consumano all’incirca tre quarti di tutto il pescato mondiale di questa specie, purtroppo in via di estinzione. Non a caso il Parlamento Europeo ha approvato un regolamento a protezione di questa particolare specie di tonno assegnando ad ogni paese membro una quota di cattura per evitare un eccessivo prelievo di esemplari e per scongiurare così il pericolo di estinzione della specie.


Dal momento della cattura fino al suo utilizzo alimentare, il pesce fresco deve essere necessariamente refrigerato. La conservazione del pescato nel ghiaccio a 0°C (temperatura costante) non altera la sua composizione per circa 4 – 7 giorni.
Dopo 7 – 10 giorni, o prima se la temperatura è superiore a 0°C, subisce importanti oscillazioni come avviene quando è esposto nelle bancarelle dei mercatini, cominciano le prime importanti alterazioni. Con il passare del tempo ci si porta alla formazione di monoetilamina e formaldeide (responsabili del tipico odore di pesce avariato). Si ha inoltre formazione di acido sulfidrico (che concorre a conferire al pesce un aroma nauseabondo) e di amine biogene. Oltre alle trasformazioni chimiche, il pesce può essere interessato anche da contaminazioni di origine biologica.
Mangiare pesce crudo (ma anche altri alimenti come carni, latte crudo e derivati) comporta sicuramente una maggiore probabilita’ di imbattersi in intossicazioni od infezioni causate da batteri patogeni o parassiti, come la Salmonella, la Listeria e l’Escherichia coli; ma se ci si incappa con l’anisakis, le conseguenze diventano piu’ serie, tanto da provocare in alcuni casi, se non si interviene tempestivamente, anche la morte.
E’ necessario che, in particolare, tra i sostenitori del sushi e del sashimi ci sia una corretta informazione sugli eventuali rischi a cui possono incorrere nel consumare tali specialita’: sia chiaro, nessun pregiudizio riguardo a questi ristoranti etnici, ma e’ di fondamentale importanza sincerarsi che siano gestiti da personale serio e con provata esperienza nella specifica trattazione e somministrazione di questo tipo di alimenti.
L’anisakis e’ un piccolo verme che puo’ misurare da uno a tre centimetri, dal colore bianco o rosato, sottile e che tende a presentarsi spesso arrotolato su se stesso; e’ un parassita normalmente presente nello stato adulto all’interno dell’intestino di numerosi mammiferi marini come i delfini e le foche; attraverso le feci vengono eliminate le uova, che si schiudono nel mare dando origine alle larve; quest’ultime vengono ingerite da piccoli crostacei, e i pesci che se ne cibano ne vengono infestati; con il consumo di pesce crudo o poco cotto o in salamoia, il parassita viene trasmesso all’uomo. Le larve si possono cosi’ impiantare sulla parete dell’apparato gastrointestinale, dallo stomaco fino al colon, e per difendersi dai succhi gastrici attaccano le mucose con un’incredibile capacita’ perforante.
Il tonno è tra i prodotti ittici piu’ a rischio, e, per risolvere il problema, la lavorazione inizia con l’immediata eviscerazione del pesce poco dopo la cattura, al fine di evitare la migrazione dei vermetti dalle loro viscere alle loro carni; si e’ pero’ scoperto che il parassita, pur essendo molto resistente agli acidi (come l’aceto, il limone e l’acido cloridico dello stomaco), muore se sottoposto ad alte temperature (dopo 15 minuti a 60°C), oppure con un rapido congelamento (anche soltanto a -20°C entro le 24 ore).
Come forma di prevenzione, il Ministero della Sanita’ gia’ dal 1992 obbliga per legge a chi somministra pesce crudo o in salamoia ad utilizzare esclusivamente pesce congelato o a sottoporre a congelamento preventivo il pesce fresco da somministrare crudo.
Da un’indagine dei Nas (Nucleo Anti Sofisticazione) emergono dei dati terrificanti: molti ristoranti che preparano cucina giapponese (vero fenomeno di tendenza, dove il sushi ed il sashimi, piatti d’effetto preparati con pesce crudo, rappresentano le loro prelibatezze piu’ tipiche) sono in realta’ gestiti da cinesi, che si improvvisano cuochi senza alcuna esperienza nella preparazione di pietanze a base di ingredienti crudi e spesso senza osservare pienamente le norme igienico-sanitarie.
In Giappone, gli esperti di sushi possono offrire queste raffinatezze gastronomiche solo se dotati di uno specifico patentino, e approvvigionano soltanto tonno “super freezed”, conservato ad almeno -40°C!
Durante la nostra recente visita in Sardegna, nell’ottica dell’apertura della delegazione locale, ci siamo imbattuti in un interessante aneddoto che, in realtà, sta portando ad un importante ed interessante investimento nella tecnologia del freddo che deriva da una scelta, dimostrata, della conservazione del tonno a temperature ultra basse per mantenere l’elevata qualità del pesce per la specialità giapponese del sushi.
A seguito di una interessantissima indagine di IntraFish, l’autorevole ed importante rivista mondiale sulla pesca, apprendiamo che la conservazione ed il trasporto a temperature ultra basse è un marchio di qualità per il lucrativo mercato giapponese del pesce fresco. Il tonno ULT sta diventando una richiesta anche nei mercati USA ed europeo, per la sempre più popolare “cucina giapponese”.
In uno studio dell’istituto norvegese di ricerca Sintef, diverse specie di pesce sono stati trattati con temperature che vanno dai -25°C a -60°C, facendoli passare attraverso un tunnel di abbattimento e poi conservati e spediti in Giappone. A seguito di questo processo sono state fatte le analisi sensoriali, sia nel porto di partenza, in Norvegia che in Giappone. Dopo oltre cinque mesi di stoccaggio, i pesci conservati a ULT erano di qualità significativamente migliore di quelli conservati a -25°C. A quelle temperature estremamente basse, si otteneva un colore decisamente più vivido, cellule grasse meno ossidate e un aspetto superficiale di elevata qualità.
Il pesce ULT è quello preferito dai principali importatori giapponesi, che riconoscono la qualità con un sovrapprezzo decisamente incentivante per un pesce di qualità come il tonno sardo.
La pratica della conservazione ULT o “super freeze” è nata per il tonno proprio in Giappone. Già negli anni ’60 e ’70 la ULT aveva preso piede e si è affermato uno standard che va dai -50°C ai -70°C. Durante gli anni ’80 sono comparsi i primi studi che davan ragione della ULT con il riconoscimento dell’alta qualità del pescato poi scongelato, e nei primi anni ’90, la Maersk, la più grande azienda mondiale per il trasporto container, iniziò a sviluppare contenitori con abbattittori e conservazione a -60°C per servire il mercato ULT.
Anche in Europa, nel 1995, due ricercatori scandinavi, Magnussen e Johansen, investigarono gli effetti sulla conservazione per temperature tra i -25°C e i -60°C, dimostrando differenze poco apprezzabili per temperature al di sotto dei -45°C.
Un associato dell’isola, si è imbattuto nella richiesta di un’azienda che si occupa proprio di questo. Contattato da importatori giapponesi interessati al tonno sardo, sta ora predisponendo un impianto di trattamento e conservazione che soddisfi gli stringenti canoni per il sushi.
Il tonno rosso viene pescato in un mare che, tipicamente, ha una temperatura intorno ai 14°C/18°C, portato in rada, viene avviato all’impianto di lavorazione, dove, per evitare problemi ai lavoratori, si è scelto, progettualmente, di realizzare una temperatura ambiente superiore ai 14°C. Si evita così l’utilizzo degli ingombranti e poco pratici giubboni termici.
Il primo passaggio è costituito dalle operazioni di pesa, tra 16 e 20°C, dove il pesce viene verrà pesato, etichettato con n° del lotto, data e luogo di pesca oltre alla corretta denominazione della specie.
Viene poi portato in sala sfilettamento a 15°C costanti, qui verranno eliminate pinne e testa, porzionato in misura di circa 20 cm x 30 max ogni porzione riporterà quanto già inserito nella etichettatura iniziale, inseriti su carrello e posti in armadio abbattitore
Il pesce sfilettato e fatto a pezzi, viene avviato in un tunnel di abbattimento che, in 4 ore porta la temperatura (al cuore del prodotto) a -50°C. Nella fase successiva, prima dello stoccaggio, viene formata una glassa con acqua pre-raffreddata con una serpentina in cella, ad immersione, e successivamente introdotto in stoccaggio alla stessa temperatura: -50°C!
La glassatura dei prodotti ittici è uno strato di ghiaccio protettivo applicato alla superficie, in modo da ottenere una protezione naturale con acqua aspersa o nebulizzata o immersione.
Grazie al “ghiaccio”, il tonno risulta isolato e al riparo dell’azione ossidante dell’ossigeno atmosferico che, invece di agire sul prodotto, lavora sul ghiaccio di copertura.
La conservazione a temperatura negativa (obbligatorie per legge) o anche Ultra Negativa senza adeguata glassatura, durante i prolungati periodi di conservazione, produrrebbe inesorabilmente fenomeni di disidratazione, di ossidazione e di irrancidimento. La glassatura si comporta, invece, come un involucro perfettamente aderente che protegge ottimamente dalla disidratazione e dall’ossidazione.
In una cella separata a – 2°C verranno conservati i pezzi di minor qualità per il consumo immediato e, in un’altra dalle medesime caratteristiche, gli scarti da inviare a macero.
Ecco, queste son le condizioni alle quali i giapponesi ritengono il prodotto “sushi hi grade quality”, e capace delle interessanti prestazioni economiche del Sol Levante.
L’impianto di cui abbiamo preso visione, viste le caratteristiche e la necessità di limitare l’investimento (in tempo di crisi), lo si è voluto realizzare con un compressore mono stadio, e, dopo una valutazione dei refrigeranti e dei compressori disponibili, la scelta è ricaduta sull’R32, difluorometano (CH2F2).
L’R32 è un refrigerante mono componente, un gas con un potenziale di riduzione dell’ozono pari a zero e un potenziale di riscaldamento (GWP) globale di 550, notevolmente inferiore a quello dell’R410A che è pari a 1980. Viene classificato A2L o leggermente infiammabile (classificazioni ASHRAE).
Questo refrigerante viene tipicamente utilizzato per basse e bassissime temperature di raffreddamento nella Refrigerazione Industriale e Commerciale.
Dovendo realizzare un circuito mono stadio, il punto di ebollizione del refrigerante in questione (-51,7°C) ha sicuramente contribuito alla scelta. Invece di un ben più costoso impianto booster, con l’R32 si consente il raggiungimento delle prestazioni in temperatura senza un investimento particolarmente oneroso.
Quindi, concludendo, se non siete in Giappone, dove, come abbiamo visto, il “sushi hiQ” è garantito, come evitare il rischio di contaminazioni o scarsa qualità nel mangiare il tonno in versione sushi e sashimi di qualità?
Seguiamo questi consigli.
Sinceriamoci sempre prima che il ristorante sia serio e rigorosamente qualificato, e poi chiediamo al gestore del ristorante se il pesce e’ stato abbattuto (almeno a -18° per 24 ore oppure nell’azoto liquido); … spesso, per ovvi motivi, la risposta che ci viene data e’ che si tratta assolutamente di pesce fresco… perche’, in effetti, e’ la risposta che un cliente vorrebbe sempre sentirsi dare. Ma se il gestore e’ serio ed ha competenza in materia, ci deve dire la verita’, altrimenti, e’ meglio non correre il rischio!
Last but not least, se l’impianto è stato realizzato da un socio o da un collega di Assofrigoristi, qualche ulteriore garanzia è data.
