Geotermico: Lazio e Piemonte in movimento. Le pompe di calore protagoniste
Quasi in contemporanea, la regione Lazio e la regione Piemonte si adoperano per censire e indirizzare la costruzione di impianti geotermici o a bassa entalpia.
Si tratta di impianti che utilizzano come “sorgente o pozzo termico” il terreno, e usano il fluido di scambio per condensare o evaporare le batterie di una pompa di calore. Poiché il calore nel sottosuolo proviene in gran parte dall'interno della Terra, la geotermia a bassa entalpia è classificata come fonte di energia rinnovabile, nonostante la pompa di calore consumi di per sé energia elettrica, solitamente prodotta a partire da altre fonti di energia.La temperatura del suolo ad una certa profondità subisce variazioni annuali molto contenute: a 5-10m di profondità la temperatura del suolo è pressoché costante tutto l'anno ed è sempre nell’intervallo 10-16 °C. Il suolo, dunque, rispetto all'aria, è più caldo d'inverno e più fresco d'estate, a vantaggio del rendimento della pompa di calore.Lo scambio di calore con il sottosuolo può avvenire in tre modi: uno scambio diretto, dove il circuito dell'evaporatore/condensatore della pompa di calore è a diretto contatto con il sottosuolo, oppure per mezzo di un circuito chiuso, dove lo scambio termico con il suolo avviene indirettamente, tramite un circuito idraulico percorso da un fluido termoportante o ancora con un circuito aperto, tramite il quale viene prelevata acqua di falda che viene utilizzata per lo scambio termico.
Dal 22 aprile la regione Lazio ha disciplinato le piccole utilizzazioni locali di calore geotermico. Nel Bollettino Ufficiale n. 32 - Supplemento n. 1 del 21 aprile 2016, è stata pubblicata la Legge Regionale 21 aprile 2016, n. 3 recante “Disciplina in materia di piccole utilizzazioni locali di calore geotermico”.
Con questa legge si punta a sostenere “l’uso delle risorse geotermiche a bassa entalpia e l’installazione di impianti di produzione di calore e raffrescamento da risorsa geotermica, al fine di promuovere una adeguata diffusione della geotermia quale fonte di produzione di calore ed energia da fonti rinnovabili”.
Nonostante non siano stanziati fondi nell’immediato, la legge prevede la possibilità di individuare risorse per incentivare la diffusione e l’installazione degli impianti nell’ambito della programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari.
Le norme approvate regolano le piccole utilizzazioni locali di calore geotermico – definite dall’articolo 10 del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 – ottenute tramite l’esecuzione di pozzi di profondità fino a 400 metri per ricerca, estrazione e utilizzazione di acque calde e fluidi geotermici, comprese le acque calde sgorganti da sorgenti per potenza termica complessiva non superiore a 2000 kW termici.
Al fine di provvedere a un costante monitoraggio e controllo della diffusione delle piccole utilizzazioni di calore geotermico sul territorio regionale, la legge istituisce, presso la struttura regionale competente in materia, la banca dati degli impianti geotermici (“Registro regionale degli impianti geotermici” – Rig).
Anche i proprietari degli impianti di piccole utilizzazioni locali di calore geotermico esistenti prima dell’entrata in vigore della legge saranno tenuti a effettuare la registrazione al Rig. La Regione, inoltre, provvederà alla redazione della “Carta idro-geo-termica regionale” entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge.
L’installazione degli impianti geotermici è vietata nelle aree di rispetto delle risorse idropotabili, nelle aree critiche per i prelievi idrici e nelle aree sottoposte a vincoli relativi al rischio di dissesto individuate dagli atti di pianificazione regionale in materia di tutela delle acque, di difesa del suolo e salvaguardia degli acquiferi vulnerabili, tenendo conto delle aree adibite a sfruttamento termale delle acque. Il divieto d’installazione riguarda anche le zone dove si riscontra presenza di gas radon con livelli superiori a 300 becquerel per metro cubo.
Dunque, come sottoinsieme degli impianti di climatizzazione, in attesa del catasto per l’attuazione del Dpr74/2012, il Lazio censirà la climatizzazione geotermica.
Ma l’attenzione sugli impianti geotermici a bassa entalpia è imposta anche dalle linee guida della regione Piemonte.
Individuando le modalità tecnico-operative per la progettazione, installazione, collaudo, gestione e dismissione degli impianti, la documentazione progettuale per una corretta valutazione delle ricadute ambientali e le caratteristiche delle schede per l’inventario delle risorse geotermiche, la regione intende dare un contributo alla valorizzazione dell’utilizzo delle risorse geotermiche a bassa entalpia nel rispetto dell’ambiente e della tutela delle acque sotterranee, e fornire alcune indicazioni tecniche agli enti coinvolti nel processo decisionale e agli operatori del settore.
Questa la finalità delle “Linee guida regionali per l’installazione e la gestione delle sonde geotermiche”, approvate dalla Regione Piemonte con il decreto dirigenziale n. 66 del 3 marzo 2016, e pubblicate sul Bollettino ufficiale n. 16 del 21 aprile.
Le indicazioni contenute nelle Linee Guida non si applicano agli impianti geotermici che comportano il prelievo e lo scarico di acqua, che sono disciplinati dalla vigente normativa statale e regionale in materia di derivazione, utilizzazione e scarico delle acque pubbliche.
Nelle Linee Guida gli impianti di sonde geotermiche sono stati suddivisi in:
a) piccoli impianti: con potenza termica o frigorifera utile inferiore o uguale a 30 kW;
b) grandi impianti: con potenza termica o frigorifera utile superiore a 50 kW. Sono comunque equiparati ai grandi impianti tutti gli impianti che necessitano di più di 10 sonde geotermiche verticali anche se di potenza termica o frigorifera utile inferiore a 50 kW (in caso di valori differenti si utilizza il valore maggiore).
Per tutti gli aspetti non specificatamente presi in considerazione si rimanda alla normativa UNI di riferimento.
L’articolo 7 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, “Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”, prevedeva che entro 3 mesi dalla sua entrata in vigore, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa con la Conferenza unificata, siano stabilite le prescrizioni per la posa in opera delle sonde geotermiche e siano individuati i casi in cui si applica la procedura abilitativa semplificata.
Nel decreto dirigenziale n. 66 del 3 marzo 2016 la Regione Piemonte spiega che “in attesa che il Ministero dello Sviluppo Economico emani il decreto”, si ritiene “opportuno fornire agli enti locali coinvolti nel processo decisionale nonché agli operatori del settore uno strumento di carattere tecnico che consenta, in tale situazione di stallo, di colmare la lacuna almeno dal punto di vista tecnico”.
Questa necessità “è inoltre dettata dalla carenza di una specifica normativa per quanto riguarda gli impianti a circuito chiuso – fermo restando che gli impianti che comportano il prelievo e lo scarico di acqua sono disciplinati dalla vigente normativa statale e regionale in materia di derivazione, utilizzazione e scarico delle acque pubbliche – a fronte di un sempre più elevato numero di installazioni che rendono necessarie precauzioni ambientali riguardo profondità e modalità di perforazione delle sonde, al fine di garantire il rispetto della normativa regionale in materia di protezione delle acque sotterranee”.
La Regione Piemonte ha da poco concluso una collaborazione istituzionale con il Politecnico di Torino riguardante l’attività di analisi e pianificazione in materia di sistemi geotermici a bassa entalpia in regione, che ha analizzato nel dettaglio, in modo comparativo, le principali tecnologie attualmente a disposizione, sia relative ai sistemi a circuito chiuso (sonde geotermiche), sia dei sistemi di tipo aperto ad acqua di falda, attraverso il monitoraggio di alcuni test site espressamente attrezzati.